Qando un bambino non parla ancora: quando e come intervenire?
Quando un bambino inizia a parlare? Perché mio figlio non parla ancora? Quando e come devo preoccuparmi o stare tranquillo/tranquilla? È vero che ogni bambino ha i suoi tempi? Queste sono domande che i genitori si pongono, alle quali spesso vengono date risposte parziali o confuse.
È importante chiarire innanzi tutto che non è vero che ogni uomo si sviluppa a sé; solo chi non studia ed osserva con attenzione lo sviluppo può dire altrimenti. Lo sviluppo umano ha come un percorso obbligatorio prodotto e quasi guidato da una matrice fondamentale dello sviluppo globalmente inteso per cui determinate acquisizioni sono la base per le successive. In tutto il mondo, i bambini si sviluppano nello stesso modo, attraversando tappe ben specifiche. Non è vero che ogni bambino ha i suoi tempi!
Per quanto riguarda “il parlare”, le prime parole appaiono all’età di un anno, e qui inizia il linguaggio vero e proprio, ma alla base vi sono le sue fondamenta che costituiscono importanti pilastri della comunicazione orale e della relazione:
- a 6-8 settimane il bambino sorride significativamente all’interlocutore, inizia a porre attenzione ai discorsi altrui e risponde con gorgheggi;
- verso i due mesi inizia a saper piangere vigorosamente;
- a 4,5 mesi e mezzo sa utilizzare vista e udito contemporaneamente, quindi riesce ad ascoltare il discorso ed intanto osservare la mimica facciale;
- a 5-6 mesi osserva molto attentamente le labbra di chi parla e, contemporaneamente, compie piccoli movimenti con le proprie, come a voler iniziare ad imitare;
- a 8-10 mesi appare la lallazione e, avvicinandosi all’anno di età, vengono prodotti i suoni onomatopeici (brum brum, bau bau, …).
Il linguaggio si sviluppa successivamente secondo le seguenti norme:
- a 12 mesi il bambino dice 2-4 parole composte da qualche suono occlusivo;
- a 18 mesi ha acquisito i suoni occlusivi (P, B, T, D, K, GH, M, N, GN), dice una decina di parole e si esprime con la parola-frase (es. “Pappa” per “mamma voglio la pappa”);
- a 24 mesi ha acquisito anche i suoni costrittivi (F, V, S, SC, L, R, GL), dice tra le 20 e le 50 parole ed utilizza frasi bitermine (es. “mamma pappa” per “mamma voglio la pappa”);
- a 36 mesi ha acquisito anche i suoni semicostrittivi (C, G, Z), dice tra le 400 e le 1000 parole e compone semplici frasi;
- nel quarto anno di vita si raggiunge un linguaggio fluido ed una pronuncia corretta.
È interessante evidenziare alcune competenze significative dello sviluppo globale che affiancano e sostengono l’acquisizione del linguaggio:
- verso i 18 mesi il bambino, pur non acquisendo molte parole nuove, è molto attento al suono, alla cadenza, ai ritmi del linguaggio e li imita;
- verso i 24 mesi, quando ha ormai raggiunto una buona competenza psicologica, una piena consapevolezza di Sé ed autonomia nei confronti della figura di attaccamento, inizia ad utilizzare la parola “io” ed a esprimersi in prima persona;
- verso i 36 mesi una buona lateralizzazione emisferica porta ad utilizzare l’orecchio, l’occhio e la mano dominanti e questo dà una spinta notevole al linguaggio.
Se il bambino non rispetta queste tappe, può essere considerato “a rischio di disturbi e ritardi del linguaggio”. Facilmente recupererà spontaneamente il tempo perso e giungerà presto a mostrare competenze ottimali, ma non è detto.
Una valutazione competente può rivelare le ragioni del ritardo. In base ad esse è poi possibile avviare, se necessario, percorsi educativi e/o rieducativi mirati a garantire di raggiungere uno sviluppo globale ottimale.
Le ragioni del ritardo possono essere varie. Quelle più importanti sono:
- disturbi dell’attenzione, legati a ritardi dello sviluppo ed anomalie qualitative della percezione sensoriale;
- un leggero ritardo dello sviluppo globale, in particolare della lateralizzazione emisferica;
- sordità;
- anomalie qualitative della percezione uditiva, in particolare lentezza o dislateralità o mancanza di selettività uditiva;
- disturbi comportamentali legati all’ambito famigliare ed al clima educativo, dal momento che il bambino, fin dal proprio concepimento, è parte viva e partecipe della rete di rapporti umani in cui cresce e il cosiddetto mondo esterno è in realtà uno specchio in cui ognuno vive se stesso.
Una volta compresa la causa del problema, o anche prima di valutarla, … perché non attendere se molti bambini acquisiranno comunque il linguaggio in modo spontaneo?
Le principali risposte a questa domanda sono due:
- non è facile comprendere quali tra i bambini a rischio non se la caverà, e l’attesa rischia poi di far fare molta più fatica nella rieducazione, dal momento che i primissimi mesi ed anni di vita sono il momento di massima plasticità cerebrale e di massimo apprendimento;
- le cause del ritardo, se non affrontate e risolte potrebbero causare poi altri disturbi dell’apprendimento e del comportamento.
Sono Matteo Faberi, psicologo,
laureato in Scienze dell'Educazione e Psicologia Clinica e dell'Educazione.
Sono iscritto all'Albo degli Psicologi
della Lombardia al n. 03/14707
È per me importante responsabilizzare i bambini e i ragazzi fin da subito:
quando sono in grado,
sono loro a prendere e disdire gli appuntamenti, non i genitori.